La vertenza Bekaert – dichiara Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil- è diventata emblematica per la determinazione e la lotta dei lavoratori contro la chiusura decisa dalla multinazionale secondo logiche che nulla hanno a che vedere con l’andamento dell’impresa.
Oggi mentre si discute sulle risorse del Recovery Plan, siamo sempre più convinti che nessun piano di rilancio industriale sia credibile se non si salvaguarda l’occupazione esistente garantendo la riapertura delle aziende sui nostri territori. Per questo la Fiom rifiuta di firmare i licenziamenti e chiede al Governo e a tutte le istituzioni di fare la sua propria parte”.

A margine del tavolo tecnico il segretario generale della Fiom Cgil Firene-Prato Daniele Calosi ha rilasciato la seguente che segue:
Dal 22 giugno 2018 ad oggi abbiamo ribadito l’indisponibilità della Fiom a firmare i licenziamenti, per questo abbiamo rifiutato la proposta di un’azienda che ha scelto di delocalizzare per massimizzare i profitti a discapito di 318 lavoratori e che in 32 mesi non è stata capace di proporre alcuna soluzione per reindustrializzare lo stabilimento di Figline.
Come Fiom Cgil abbiamo fatto tutto il possibile per trovare una soluzione a questa vertenza. Un impegno costante che ha coinvolto tutta la struttura, dalla base ai Segretari Nazionali della Fiom e della Cgil, presenti sia in sede ministeriale che sui cancelli, e fino al sindacato belga che ci ha aiutato a fare pressione su Bekaert.
Ricordiamo il presidio davanti ai cancelli a Figline, la presentazione di una proposta di decreto per la reintroduzione della cassa integrazione per cessazione di attività che è stata accolta dal Ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro, la manifestazione a Milano sotto la sede di Pirelli, l’incontro a Bruxelles con il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli per rappresentargli il problema del dumping salariale dentro l’Unione, fino al supporto per la costituzione di una cooperativa di lavoratori che aveva l’obiettivo di ricollocare tutti i dipendenti. Un progetto osteggiato dall’azienda, da una parte consistente della politica e persino da altre organizzazioni sindacali.
Durante tutti questi mesi grazie alla determinazione dei lavoratori e della Fiom non abbiamo mai consentito a Bekaert di procedere ai licenziamenti, ma abbiamo sempre chiesto che alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione soprattutto attraverso la reindustrializzazione del sito di Figline e Incisa, sta in questa logica infatti l’accordo siglato con Laika.
Non possiamo perciò oggi siglare un accordo che preveda licenziamenti in assenza di prospettive occupazionali certe per i lavoratori. Abbiamo quindi chiesto all’azienda il ritiro della procedura di licenziamento, rinnovando la disponibilità a firmare accordi sulle uscite volontarie, e l’attivazione immediata della Cassa Integrazione per Covid-19, totalmente gratuita per Bekaert, al fine di guadagnare quel tempo necessario ad avere l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico alla presenza del neo Ministro Giorgetti, come richiesto anche dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani nella lettera inviata sabato scorso.
Tutto questo per favorire quel processo di riattivazione industriale del polo dell’acciaio toscano più volte richiamato dalla Presidenza della Regione sul quale la Fiom si è sempre dimostrata disponibile al confronto, ritenendo necessaria una presenza diretta dello Stato nel Capitale della nuova azienda che dovrà sorgere nello stabilimento ex Bekaert.
Presso il Ministero dello Sviluppo Economico chiederemo inoltre l’interessamento del Ministro del Lavoro, al fine di garantire tutti gli ammortizzatori sociali utili a definire compiutamente il piano di reindustrializzazione e rilancio della fabbrica di Figline.
Dopo 32 mesi trascorsi a lottare perché alla perdita del lavoro corrispondesse una nuova occupazione non siamo disposti a firmare un accordo che lascia per strada più di cento lavoratori. Se avessimo voluto fare un accordo economico non avremmo aspettato trentadue mesi. Il sindacato negozia la reindustrializzazione ed il lavoro, non la mitigation e gli incentivi.
Dopo oltre 60 anni di attività si chiude una fabbrica che ha fatto la storia di un territorio. Una vergogna ed una mancanza di rispetto per i lavoratori e per il territorio.
Tutto ciò che hanno ottenuto i lavoratori è il risultato dell’impegno del sindacato e della loro mobilitazione. L’eventuale mancata reindustrializzazione del sito avrà delle responsabilità ben definite.


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